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Un testimone:
"Uscii dalla chiesa dopo la benedizione, solita a darsi la sera
in diversi giorni della settimana. Mentre andavo verso casa incontrai
il sig. Gio Tomaso figlio del sig. Gio Antonio Solaro con una spada lunga
e il sig. Carlo Ubertino, altro fratello, similmente con spada lunga,
cosa insolita.
Presi sospetto che questi due frati avessero qualche mala volontà
e mi ritirai in casa.
Poco dopo sentii grida in piazza. Uscito, vidi il sig. Carlo Ubertino
che si batteva col sig. conte Vittorio Amedeo a tempo che il sig. conte,
essendo già ferito, non era più in grado di difendersi".
Testimonianza
del barbiere (chirurgo), accorso in aiuto al ferito:
"Vuoli toccare il polso del conte e comprendendo che non v'era
più gran vigore, tirando in disparte il Prevosto de presente luogo,
gli dissi che non trovavo gran vigore nel sig. conte sudditto e in conseguenza
superflui i medicamenti corporali. Dissi: V. S. l'assista l'anima, che
non v'è più speranza di salute".
Referto
del medico:
"Visitato il cadavere del conte Vittorio Amedeo nel castello,
riscontrai due ferite, una sotto la mammella destra piccola penetrante
fino ai muscoli e l'altra, sopra la stessa mammella, larga, penetrante
tra la quarta e la terza costa nella capacità del torace con l'offesa
delle parti precordiali. Quale ferita giudico assolutamente essere stata
quella che ha dato la morte e giudico essere stata fatta da arma perforante
e incidente come spada o altro simile instrumento. 21 luglio 1667, firmato
Tomaso Appiano, medico".
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