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Lettera
del 5 luglio 1643:
(...) Sono così replicati in ogni genere gli eccessi li quali giornalmente
senza freno di sorte veruna si commettono in Mondovì, che con ragione
mi fanno temere di qualche straordinaria dimostratione di Dio contro questa
Città (...).
Succedono varii homicidii, e buona parte son proditorii, non sono sicuri
nell'honore, ne le facoltà, poi chè oltre alli assasinamenti
fatti a mezzo giorno, così nella Città, come pochi passi
lontano da essa, entrando di notte hostilmente nelle case, sono levati
da un luogo li utensili, altrove le cavalcature, le mercantie, e quanto
di buono si trova.
Qui rapite le zitelle, violate le donne maritate su gli occhi de loro
mariti, stuprate le figlie nubili alla presenza delle madri, e già
la terza volta in pochi giorni doppo d'haver conseguito con tante offese
di Dio quello che non dovevano mai pensare, hanno condotto per le strade
della piazza, e con gagliarde percosse compensato l'affronto fatto à
quelle miserabili donne.
E' stato intimato à più cittadini hor à l'uno, et
hor à l'altro, che dentro lo spatio di puochi giorni trovino somma
considerabile di denari, sotto pena della vita ogni qual volta non essequiscano
ò facciano motto di questo trattato. (...)
In una lettera successiva:
(...) [non sono] vescovo d'huomini e d'anime christiane, ma ben
sì pastore di lupi, tigri, et diavoli incarnati; qui non si odono
se non homicidii, assassinii, grassationi, furti, rapti, violenze, ne
meno il sesso femminile è franco: li viandanti convien portino
l'oleo santo seco, perchè ò nella robba, ò nella
vita insieme sono irremisibilmente offesi; li habitatori delle cassine
non ponno habitarvi, sicuri da ricatti e violenze (...)
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