1700 - DIPLOMATICI E... FILOSOFI (IN ERBA) |
DOCUMENTI: |
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(SOLARO DI GOVONE)
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I
Solaro di Govone
e Breglio |
Tra
la fine del '600 ed il '700 un ramo dei Solaro di Govone risulta spiccare
nella genealogia e nell'attenzione della corte sabauda. È il ramo che prese il titolo di marchesi di Breglio, che espresse tre generazioni di valenti diplomatici e che più si spese a favore dello sviluppo del castello e del paese di Govone. Nel '700 i Solaro di Breglio ebbero altresì modo di entrare in contatto con due celebri filosofi illuministi, ma in circostanze molto diverse |
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Roberto,
l'iniziatore
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Roberto
Solaro, il primo delle figure che vogliamo ricordare, visse per diciassette
anni in Spagna come ambasciatore del duca di Savoia. Fu lui che intorno al 1680 diede inizio alla costruzione del castello di Govone nelle forme attuali, basandosi su un edificio medioevale preesistente. Suo il merito anche di aver ottenuto l'autorizzazione a deviare le acque del Tanaro a Govone per scopo irriguo, gettando le basi per la creazione della "bealera" che sarà portata avanti dal nipote. Roberto aveva due fratelli: Vittorio Amedeo, assassinato a tradimento dal cugino Carlo Ubertino, e Alberto Antonino, padre di Ottavio Francesco. |
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Ottavio
Francesco e...
un inedito Rousseau |
Nato
nel 1645, Ottavio Francesco seguì la carriera diplomatica come lo
zio Roberto. Si sposò due volte e con la ricca dote della prima moglie riuscì a proseguire la costruzione del castello di Govone e a realizzare la "bealera"; nel 1700 acquisì il titolo di marchese di Breglio (l'attuale Breil-sur-Roya). Ebbe numerosi figli: ricordiamo in primo luogo Giuseppe Roberto, anch'egli diplomatico, sposato alla contessa di Favria. È questo nucleo della famiglia Solaro ad aver avuto l'onore di ospitare presso di sé nel 1728-29 il filosofo e scrittore Jean-Jacques Rousseau... senza saperlo, perché Rousseau si presentava allora nelle vesti di un giovane irrequieto, un sedicenne con sogni di grandezza, assunto dai Solaro come semplice lacchè. |
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Ben
presto però Rousseau fu promosso ad un ruolo meno servile, ed allo
stesso tempo istruito dall'abate Carlo Amedeo (altro figlio di Ottavio).
La famiglia aveva infatti intuito le capacità del giovane e intendeva
educarlo per farne un personaggio politico vicino ai propri interessi. Ma
il destino aveva in serbo per Jean-Jacques un futuro diverso: dopo vari
episodi coloriti - come la sfortunata "cotta" per Paola, nipotina
dell'anziano conte Ottavio - il ragazzo si fa cacciare dal palazzo, preso
dalla prospettiva allettante di un viaggio avventuroso. Tutti gli aneddoti
di questo soggiorno sono raccontati da Rousseau stesso nelle sue "Confessioni",
con quel tono vivace ed autoironico che ne contraddistingue l'intera scrittura
(v. DOCUMENTI). |
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Giuseppe
Roberto
e Montesquieu |
Diversa
fu invece l'occasione in cui Giuseppe Roberto, insieme con suo fratello
Antonio Maurizio, conobbe Charles Louis de Montesquieu. I due fratelli,
entrambi diplomatici, si trovavano in missione a Vienna (proprio nel periodo
in cui Rousseau era "in famiglia"). In quell'ambiente cosmopolita conobbero il filosofo e uniti da stima reciproca strinsero con lui una vera e propria amicizia duratura negli anni. Il legame proseguì soprattutto con Giuseppe Roberto; qualche anno dopo gli fu affidata la carica di precettore del giovane principe Vittorio Amedeo (III), e come tale egli si premurò di far studiare al real rampollo "L'Esprit des lois" di Montesquieu, opera che apprezzava profondamente. |
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Tornato
nel 1731 dal suo ultimo incarico a Vienna, Giuseppe Roberto si dedicò
tra l'altro a dare nuovo impulso alla fabbrica del castello di Govone, riconoscente
per quanto fatto da suoi avi e desideroso di dare il proprio contributo. Una testimonianza diretta sui lavori a Govone - e sulla sua biografia - ci viene da G. Roberto stesso, poiché in proposito scrisse due memoriali (v. DOCUMENTI). Giuseppe Roberto concluse la sua vita a Govone il 15 marzo 1764. |
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